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26/09/2022 by Oliveru
Aceto, farina e ferri arrugginiti sono gli ingredienti di una ricetta antica almeno quattro secoli: la stampa a ruggine. Eseguita rigorosamente a mano da maestri artigiani, la tecnica di decorazione dei tessuti nasce in Romagna e vive nel mondo.
Se pensiamo alla Romagna, le prime cose che ci vengono in mente sono la piadina, la riviera e Romagna mia, scritta da Secondo Casadei, nel 1954, che ha reso celebre il ballo liscio, in Italia, a ogni festa e sagra di paese. Oggi è una delle canzoni più cantate al mondo. Ed è in questa cornice dall’atmosfera allegra e festosa, dal forte legame con la terra, che nasce la stampa a ruggine, tecnica orgogliosamente romagnola.
In Romagna da molte generazioni vive la tradizione della stampa a ruggine. Tramandata da almeno quattro secoli, la tecnica è legata al culto, antichissimo, di sant’Antonio, primo abate del cristianesimo e protettore degli animali domestici e del bestiame, quello raffigurato con il maiale ai piedi. I contadini ricoprivano i loro animali di drappi sui quali era impresso un medaglione stampato con l’immagine del santo, per guadagnarsi la benedizione. Quell’immagine era stampata a ruggine.
Vecchi catenacci, chiodi e ferri arrugginiti venivano lasciati a macerare in una specie di pappa di aceto di vino e farina di grano, mescolati secondo una ricetta tutt’ora segreta. Dall’impasto di aceto, farina e ruggine si otteneva un colorante naturale bruno rossastro da spalmare sugli stampi, matrici in legno di pero o di noce intagliate a mano. I motivi decorativi che erano e sono tutt’ora usati nella stampa a ruggine tipica della tradizione romagnola sono: sant’Antonio, i galletti, l’uva, le spighe di grano e la tipica caveja, considerata un simbolo della Romagna. In italiano ‘’cavicchio’’, la chiavetta infissa nel timone del carro trainato dai buoi per facilitare l’aratura dei campi e usato come oggetto magico in riti propiziatori e scaramantici per proteggere i raccolti. I temporali nell’immaginario contadino erano quanto di peggio potesse capitare alle campagne. Da sempre si fanno questi riti e tutti in campagna rispettano le tradizioni. Tutto parla di questo modo rurale di credere e di vivere e tutto appartiene alla cultura popolare.
Da più di 300 anni, ogni pezzo è stampato e decorato a mano da artigiani specializzati. Con il solo uso di aceto, farina e ruggine il lino pesante dei vecchi corredi veniva trasformato in copriletti, tovaglie e biancheria per la casa dalle mani di straordinari decoratori in pezzi unici e dal design Made in Italy.
La particolarità di un panno tinto a ruggine è che il disegno è visibile su entrambi i lati. L’ossido di ferro non si limita a tingere il tessuto dal lato sul quale è applicata la stampa, lo trapassa fissandosi indissolubilmente alle fibre, resistente nel tempo anche ai lavaggi più aggressivi. In quattro secoli, la tecnica non è cambiata. Le matrici, posizionate sul tessuto, vengono battute con un mazzuolo. Dopo l’asciugatura al sole il colore si fissa con il ranno, un lavaggio con acqua bollente e cenere. Poi è la fase della stiratura con il mangano, una grande pressa. Se la stampa è visibile da entrambi i lati, ma soprattutto se presenta delle piccole imprecisioni nell’orientamento dei moduli, nei contorni e nell’omogeneità del colore, per via della texture del legno, allora è un vero pezzo di artigianato locale.
Il lavoro artigiano è alla base di una produzione Made in Italy. Tra la Romagna del sud e le Marche del nord, tanti artigiani tengono viva l’arte del fatto a mano. Marchi storici di antiche stamperie realizzano ancora stampe con le matrici originali, oltre che a stampare con la tecnica tradizionale qualsiasi motivo anche personalizzato. Una sintesi perfetta tra artigianalità e innovazione nella stampa a ruggine. Il risultato? Una tradizione fortemente legata al passato e alle proprie radici che si arricchisce continuamente di aspetti innovativi.
Per tutelare il lavoro di grandi maestri italiani della decorazione e l’intero patrimonio dell’arte decorativa della Romagna, l’Associazione Stampatori Tele Romagnole, dal 1997, fornisce il marchio DOC.