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19/12/2022 by Oliveru
Nessuno sa com’è nato il panettone, ma le leggende abbondano. Interpretato in mille versioni dall’industria e dagli abili pasticceri dei laboratori artigianali ormai in ogni regione d’Italia, il dolce di Natale milanese è uno dei dolciumi più apprezzati al mondo.
Il panettone, in dialetto lombardo panetùn o panetòn, è un dolce tipico milanese. La specialità ambrosiana è diventato il dolce tradizionale del Natale per tutti gli italiani. Ma come e dove è nato questo dolce? Le leggende si mischiano alla storia, come quelle di Ughetto e del piccolo Toni, uscendo fuori dai confini della Milano del XV secolo.
Indice
Storie dolci
Prima leggenda
Seconda leggenda
Dolce delle feste medievale
Industrializzazione del panettone
Panettone vs pandoro
Le origini del panettone sono più leggendarie che storiche. Ci sono diverse leggende sulle origini del panettone, ma le più famose sono due.
Una di queste leggende ha per protagonista messer Ulivo degli Antellari detto Ughetto, falconiere di Ludovico Maria Sforza soprannominato il Moro, che fu signore di Milano nella prima metà del Quattrocento. Più che una leggenda assomiglia a una favola delle feste, di quelle che si raccontano a Natale. Ughetto era innamorato, ricambiato, di Adalgisa, figlia di un fornaio della zona di nome Toni, e si fece assumere dal padre di lei come garzone nella sua bottega. Appresa la difficile situazione economica del fornaio, inventa un nuovo dolce i cui ingredienti si procura vendendo i falchi del duca. All’impasto del classico pane aggiunge una gran quantità di burro, uova, zucchero, uva sultanina e pezzettini di cedro candito facendo la fortuna della bottega di Toni. Il ‘’pan del Toni’’ – da cui la parola panettone – divenne il pane dolce più famoso di Milano. Se vi state chiedendo come finisce tra Ughetto e Adalgisa, la storia si conclude con l’immancabile happy end.
Ancora alla corte degli Sforza un’altra leggenda narra che, alla vigilia di Natale, Ludovico il Moro diede a corte un sontuoso pranzo. Al momento di servire il dolce, che doveva essere un pane zuccherato, il cuoco si accorse che era bruciato. Il giovane garzone di nome Toni, che aveva il compito di badare al pane, si era addormentato seduto accanto al forno. Per rimediare il ragazzo creò subito un nuovo impasto del pane con tutti gli ingredienti che trovò a portata di mano: uova, burro, zucchero, uvetta, cedro candito. Diede all’impasto la forma di pagnotte e le mise nel forno. Quel giorno servirono l’unico dolce che avevano a disposizione. L’improvvisato pane dolce, dorato e profumatissimo fu un successo clamoroso. Gli ospiti chiesero il nome di quel dolce che non avevano mai assaggiato prima di allora. Lo chiamarono ‘’pan de Toni’’ che presto si trasformò in panettone. E con questo nome, da oltre 600 anni, è famoso non solo a Milano, non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
Nel Medioevo lo zucchero era una spezia rara ed era trattato come un bene preziosissimo. In pratica, solo i ricchi potevano permetterselo. Soltanto durante le feste si usava dolcificare il normale pane che, più o meno ogni giorno, veniva infornato, quindi in tutta Italia si confezionano pani dolci festivi, non necessariamente natalizi, con nomi diversi. Alcuni di questi erano il panün valtellinese, il pandolce genovese, il panspeziale bolognese, il panforte senese, il panpepato umbro-toscano e il pangiallo laziale. L’impasto del pane era dolcificato con lo zucchero e, a seconda della regione, arricchito in modo diverso da quello tradizionale. Venivano evitate le spezie più forti, come il peperoncino, mentre si aggiungevano ingredienti più delicati: mandorle, miele, frutta candita e uvetta a Bologna; pinoli, anice, uvetta, cedro e zibibbo a Genova; arancia, cedro, mandorle e spezie a Siena. Sarà soltanto il pane dolce di Milano, preparato con uvetta, cedro candito, talvolta anche zibibbo, a uscire dai confini regionali e a diventare il dolce per eccellenza del Natale italiano.
Nel XV secolo il Ducato di Milano era dominato dalle corporazioni delle arti e dei mestieri. Secondo le regole delle corporazioni, le botteghe dei fornai che producevano il comune pane destinato alle classi più povere, fatto con farina di miglio, non potevano produrre anche il pane per i nobili, che era pane bianco. Il suo uso era limitato alle classi più alte e a speciali occasioni. Soltanto il giorno di Natale era permesso a chiunque consumare il pane di frumento, il pane dolce detto pan de scior o pan de ton, nel senso di ‘’pane dei signori’’.
La sua forma originaria è quella a pagnotta, molto bassa. Pare che proprio nell’Ottocento nacquero le leggende che legano il panettone a Milano. La forma attuale del panettone alto a base cilindrica con la fasciatura di carta a corona si deve ad Angelo Motta.
Intorno agli inizi del Novecento erano tantissimi i fornai e i pasticceri che a Milano producevano il panettone. Tra questi spicca il nome di Giuseppe Ciocca, autore del ricettario Il pasticcere e il confettiere moderno e membro fondatore della Società dei Cuochi Milanesi, e quello di Angelo Motta. Si forma come ragazzo di bottega in un forno-pasticceria di Sant’Ambrogio e, nel 1919, dopo aver acquistato alcuni macchinari da un fornaio fallito, apre il suo primo forno. In due anni di lavoro modifica la ricetta del tradizionale pane di Natale: aumenta le dosi di burro, uova, zucchero e frutta candita così come i tempi di lievitazione e cottura. In pratica, quello che già Domenico Melegatti aveva fatto per il pandoro di Verona. Invenzione di Motta fu l’aggiunta della fascia a corona applicata alla base, sostegno necessario all’impasto. Solo Nel 1921 abbiamo sul mercato il panettone moderno come oggi lo conosciamo, prima in forma artigianale, poi industriale. Da questo momento inizia la diffusione del panettone nel resto del mondo come dolce simbolo di Natale.
Dagli anni Cinquanta a oggi le grandi ditte industriali si sono dislocate su tutto il territorio nazionale. Con il tempo hanno cercato di differenziare la propria offerta producendo un panettone a cui si aggiungono ingredienti sempre nuovi che nulla hanno a che vedere con la ricetta originale. Restano nel Milanese e in generale nel nord Italia gli artigiani che producono l’antico dolce nel rispetto della tradizione e della lavorazione artigianale. Per tutelare il dolce tipico italiano, la Camera dci Commercio di Milano ha registrato un marchio che certifica che il panettone è prodotto in modo artigianale. Per questo motivo esiste un disciplinare di produzione redatto dal Comitato dei Maestri Pasticceri Milanesi.
Il competitor, potremmo dire, del panettone come lievitato di Natale più caratteristico d’Italia è il pandoro di Verona. Un dolce che appartiene alla tradizione veneta dai tempi dell’antica Roma, quando l’antenato del ‘’pane d’oro’’ del Trecento era un preparato a base di farina, burro e olio. La pasta gialla, per via delle uova, rievocava il colore dorato, da qui il nome pan de oro in lingua veneta.
La versione contemporanea risale alla fine dell’Ottocento. La ricetta è di Domenico Melegatti ed è simile al nadalin, altro dolce veronese medievale da cui il pandoro prenderà il nome, il caratteristico sapore burroso e il profumo di vaniglia e la forma a stella. Rispetto a al panettone, il pandoro è un dolce molto più difficile da preparare. La tecnica di preparazione prevede molte fasi di lavorazione e ben 4 impasti per un totale di 36 ore di lievitazione. Per questo motivo è meno commerciale, specialmente quando viene preparato artigianalmente.
Ecco in cosa si differenzia il pandoro dal panettone: