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02/10/2023 by Oliveru
Per migliaia di anni le castagne sono state una fonte importante di carboidrati per le popolazioni antiche e moderne dell’Europa centro meridionale e dell’Asia Minore. Oggi i ricci della castagna IGP del Monte Amiata sono una risorsa eco e green.
Indice
Castagne al posto dei cereali
Le castagne IGP del Monte Amiata
Ricci da scarti a risorsa
Seccate e macinate, caldo spuntino autunnale o prelibatezza glassata o candita. Per migliaia di anni le castagne sono state una fonte importante di carboidrati per moltissime persone. Ma i gusci che fine fanno? Passando da scarto a risorsa, gli involucri spinosi ricchissimi di antiossidanti diventano innovative creme e saponi Made in Tuscany.
Nel medioevo, di castagni era piena l’Europa. Gli alberi crescevano per lo più in montagna e nelle regioni boschive, dove coltivare il grano non era possibile. Nel XVI secolo, prima dell’arrivo in Europa di alimenti come le patate e il granturco oltreoceano, le castagne, più ricche di carboidrati di altri frutti secchi, erano una delle fonti principali di amido.
Pensando alle castagne o ai marroni non si può non pensare ai famosi castagni, alcuni anche secolari, del Monte Amiata. La coltura del castagno da frutto nell’area amiatina ha origini lontanissime. Ad Arcidosso, un comune del Grossetano, sono state trovate sui frammenti delle ceramiche locali tracce di castagne tostate risalenti all’anno Mille. Si tratta di un importante nucleo archeologico riguardante il Medioevo toscano e italiano. Nel XIV secolo si fa invece menzione, all’interno degli statuti delle comunità amiatine, di specifiche norme per la tutela e lo sfruttamento dei castagni per quanto riguarda sia la raccolta dei frutti sia della legna. Ai nostri occhi una sorta di disciplinare di produzione ante litteram. Inoltre, era previsto un calendario di raccolta per le castagne, con un periodo riservato esclusivamente al proprietario terriero e uno dedicato alla libera raccolta per l’intera comunità. Ciò ha consentito il sostentamento di tutti gli abitanti, anche dei più poveri: le castagne erano definite il “pane della povera gente”, essendo fino alla prima metà del Novecento l’unica fonte di sopravvivenza per la maggior parte delle persone. Le castagne venivano infatti essiccate e macinate per farne una farina da cuocere in forno e per preparare pasta, zuppe, polenta, farinate e dolci. Uno su tutti il castagnaccio, la torta sottile a base di farina di castagne, olio extravergine di oliva, pinoli e uvetta, riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale delle regioni appenniniche dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Le castagne IGP del Monte Amiata sono una materia prima d’eccellenza importantissima per il territorio amiatino e l’economia del nostro Paese, coltura che affonda nel passato le proprie radici a partire dalla salvaguardia della risorsa castagno presente fin dal XIV secolo. Ma prendiamola larga su castagne e marroni e parliamo di mercati e di numeri. La diffusione delle castagne riguarda da sempre due continenti: l’Asia, con circa il 75% del prodotto commercializzato, e l’Europa con il restante 25%. È l’Italia il principale produttore castanicolo del Vecchio Continente con un raccolto che si aggira intorno alle 40.000 tonnellate di prodotto l’anno. La quantità di prodotto italiano non è però sufficiente a tenere testa alla concorrenza delle castagne provenienti dai paesi orientali, per esempio, cinesi, coreane o giapponesi, che entrano nei nostri mercati a prezzi più competitivi rispetto nostre produzioni locali. Il riconoscimento europeo della denominazione di origine protetta alla castagna del Monte Amiata è un riconoscimento molto importante perché identifica la provenienza di un prodotto. La zona di produzione comprende esclusivamente i comuni di Arcidosso, Castel del Piano, Santa Fiora, Seggiano e parte dei comuni di Cinigiano e Roccalbenga, nelle province di Grosseto e Siena. Nel Castanetum del Monte Amiata si coltivano 3 tipologie di castagne per l’IGP quali il cecio, il marrone e la bastarda rossa.
L’Associazione per la valorizzazione della castagna IGP dell’Amiata dà voce ai produttori castanicoli di tutta Europa, ponendo il castagneto come modello alimentare rispettoso dell’ambiente e delle tradizioni, in quanto la coltivazione del castagno si regge su una micro agricoltura del castagno spesso a conduzione familiare, quindi secondo noi sostenibile in termini di impatto ambientale.
Da pochi anni il frutto secco del castagno arricchisce anche il sapore di una birra artigianale creata da giovani imprenditori locali che vogliono valorizzare la ricchezza del territorio. Dalla birra artigianale ai saponi e alle creme viso e corpo biologiche, fatte in Toscana coi ricci delle castagne è un attimo. Proprio così. Dai ricci delle castagne che crescono sul Monte Amiata si ricavano creme, saponi e shampoo. Quella del riccio di castagna è la storia uno scarto che diventa un prodotto di alta qualità Made in Tuscany. Tutto nasce da un progetto di ricerca finanziato dalla Regione in collaborazione con il Dipartimento di Biotecnologia Chimica e Farmacia dell’Università di Siena. Il riccio di castagna contiene moltissimi antiossidanti. Al progetto collabora l’Associazione per la valorizzazione della castagna IGP dell’Amiata che garantisce la materia prima da cui estrarre i preziosi antiossidanti. Un esempio di economia circolare a rifiuto zero, che punta alla valorizzazione degli scarti, che questa volta non vengono bruciati, e a un modello di business sostenibile nella produzione e nel packaging. I prodotti della linea viso e corpo Biocastanea si trovano in commercio in alcune parafarmacie del territorio, per esempio quelle Conad. L’obiettivo è arrivare all’e-commerce e spostarsi anche su altri mercati.